Comunali: Forza Italia primo partito del centro-destra

 

Il bilancio complessivo di queste elezioni, pur con luci ed ombre, ci vede soddisfatti. Forza Italia si conferma il primo partito della coalizione di centro-destra, pur tenendo conto del fatto che le liste civiche drenano voti soprattutto a noi e che storicamente le comunali sono le elezioni meno favorevoli al nostro voto di lista.


Il centro-destra, ovunque è unito, è competitivo e in grado di vincere. Questo in modo omogeneo, da nord a sud. Altrettanto evidente è che dove il centro-destra è frammentato, come a Roma e a Torino, l’elettorato di Forza Italia, che esprime un voto non ideologico, non ha motivazioni per andare ad esprimere un voto di pura testimonianza. Fondamentale il risultato di Milano, dove il centro-destra è vincente perché ha un profilo moderato nel quale hanno spazio le ragioni di tutti e la convergenza si trova sulle cose. Un candidato di alto livello e l’unità di tutti i moderati si sono rivelati essenziali per arrivare a questo primo traguardo. In tutt’Italia è stata premiata la scelta di indicare candidati espressione della cultura del fare. Forza Italia rappresenta da sola circa la metà della coalizione, pur tenendo conto del dato di Roma dove il risultato di Fratelli d’Italia è del tutto anomalo (12.2% contro il 2.3% nel resto d’Italia).


Se escludessimo Roma, Forza Italia costituirebbe da sola oltre il 60% del centro-destra. Senza i moderati, la destra arriva al massimo al 20% di Roma, è lontanissima da qualsiasi possibilità di diventare una forza di governo. Tantomeno in un’elezione nazionale. Il dato omogeneo, da nord a sud, è la sconfitta del renzismo. Bersani aveva ottenuto risultati molto migliori di Renzi. Alcuni dati sono emblematici. L’altra volta, Bersani aveva vinto al primo turno 10 capoluoghi, ora Renzi ne vince tre, non dei più grandi (Rimini, Cagliari, Salerno). Di questi tre, due hanno candidati non renziani. A Salerno stravince l’uomo vicino al governatore De Luca (70%) notoriamente non renziano, mentre la candidata renziana a Napoli non arriva al ballottaggio, nonostante l’impegno personale di Renzi su Napoli. A Cagliari vince la sinistra vecchio stile, con un sindaco uscente che viene da SEL, senza concorrenti a sinistra: fra le liste d’appoggio ce n’è persino una del PCI, con il simbolo del vecchio partito. Nelle “regioni rosse” il dato è ancora più evidente: a Bologna il candidato del PD è sotto il 40% (l’altra volta vinse comodamente al primo turno), a Ravenna si va per la prima volta al ballottaggio, nonostante Renzi abbia scelto proprio Ravenna per chiudere la campagna elettorale. Nell’unico capoluogo toscano in cui si vota, Grosseto, si va al ballottaggio con il centro-destra in netto vantaggio e dove molti comuni minori in Toscana sono stati conquistati da noi.


Anche la scelta della data delle elezioni, voluta da Renzi in un periodo di vacanza apposta per scoraggiare il voto degli italiani, è servita solo ad abbassare ulteriormente la partecipazione degli elettori, ma non ha salvato il PD. Renzi afferma che i candidati del PD hanno preso mediamente il 35%-40% dei voti. In realtà, il dato medio dei candidati PD è del 33.4%, molto simile a quello del centro-destra unito. Questo significa che Renzi rappresenta circa 1/3 dei votanti, quindi il 20% degli italiani. Con questi numeri il premier vuole governare il Paese e cambiare la Costituzione. Se leggiamo questi risultati nella prospettiva del referendum, la risposta è evidente. Sappiamo che Renzi ha voluto un referendum non sulla Costituzione ma sulla sua persona. Gli italiani gli stanno dicendo di no, e con questo scenario il referendum non ha speranza. Però è arbitrario e forzato paragonare due scenari e due situazioni del tutto diverse.


Quella del referendum è un’altra partita, cominceremo a combatterla dopo i ballottaggi. Dobbiamo prendere atto che il Movimento Cinque Stelle ha avuto una crescita politica e non solo numerica importante. Non è più solo un fenomeno di protesta occasionale, è una realtà politica che merita rispetto e con la quale bisogna fare i conti. Rimane ovviamente lontano e incompatibile con noi e con la nostra cultura, nessuna alleanza è possibile, e finora i Cinquestelle hanno fallito la prova di governo delle città, ma è ora di prenderlo sul serio e di confrontarsi sui contenuti.


Escludiamo ogni ipotesi di sostegno al ballottaggio ai candidati del centro-sinistra, anche quando si trovino a competere con i candidati del Movimento Cinque Stelle, come a Roma e a Torino. Il Presidente Berlusconi, residente a Roma, al ballottaggio si recherà a votare, e voterà scheda bianca, per sottolineare l’inadeguatezza di entrambe le proposte politiche ma anche, di fronte al drammatico astensionismo, l’importanza di esercitare sempre e comunque il diritto di voto. In questo rivolgiamo un pressante appello a tutti gli Italiani ad andare a votare il 19 giugno. Il centro-destra deve affrontare ballottaggi importanti, molti dei quali si possono vincere. Ora è il momento di lavorare tutti insieme per questo, mettendo da parte eventuali polemiche. Bisognerà naturalmente fare una riflessione sugli errori commessi dal centro-destra a Roma e a Torino, ma va fatta con serenità dopo i ballottaggi. Ora il nostro appello è a serrare le file con il massimo impegno per vincere.

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